Lettera aperta di lavoratrici e lavoratori per l’alternativa

Siamo lavoratrici e lavoratori di questo paese; viviamo con grande sofferenza e preoccupazione il dramma del ritorno della guerra in Europa in conseguenza della criminale aggressione di Putin; contrastiamo l’idea che la pace si costruisca con la guerra e sosteniamo con forza un’immediata ripresa dei negoziati, unica via per fermare la criminale escalation in atto, foriera di morte e distruzione ai danni del popolo ucraino e di rischi di allargamento mondiale e nucleare del conflitto; Per questo consideriamo irresponsabile il pronunciamento di Draghi sul fatto che ora non è il tempo delle trattative e condanniamo l’invio delle armi voluto dal governo che, in piena violazione della costituzione, affida alla guerra “la risoluzione delle controversie internazionali”; per fermare la guerra occorre trattare, trovare un compromesso e smetterla con l’allargamento della Nato sempre più a est che è all’origine della destabilizzazione dell’area.
Da anni subiamo una micidiale offensiva tesa a sminuire il valore e il ruolo sociale del lavoro, una riscrittura sostanziale della costituzione materiale del Paese e l’affermazione del capitale e dell’impresa come elementi fondanti di una società senza socialità; da anni subiamo il rovesciamento nel suo contrario della Repubblica fondata sul lavoro, uno sradicamento dalle fondamenta della casa comune.
L’attacco si è sviluppato a più livelli a partire dall’inganno culturale, dalla costruzione di un immaginario fasullo e fuorviante accompagnato dalla frammentazione e disarticolazione dell’apparato produttivo con la suggestione del “piccolo è bello” come via per minare la forza oggettiva della classe nell’indifferenza per il declino produttivo del paese.
La teorizzazione della “fine” del lavoro, considerato un residuo delle vecchie economie novecentesche, ha accompagnato l’attacco al potere contrattuale dei lavoratori e la progressiva riduzione della quota di ricchezza nazionale da destinare a salari, stipendi e pensioni.
L’armamentario ideologico neoliberista, fondato sulla glorificazione delle magnifiche sorti e progressive della globalizzazione, sul mito della flessibilità e della competitività a tutti i livelli, del primato del privato e del mercato contro l’inefficienza del pubblico, ha sfondato nel senso comune, anche grazie alla menzogna della scarsità di risorse, e consentito l’attacco congiunto di governi asserviti e padronato, contrastato con la necessaria determinazione non da tutte  le organizzazioni sindacali.
Il risultato è stato l’impoverimento del pubblico e la svalorizzazione economica e sociale dei dipendenti, un’estensione della disoccupazione ormai strutturale, una diffusione estrema delle più svariate forme di precarietà, soprattutto a scapito di donne e giovani, donne costrette al part time involontario e all’aumento del lavoro di cura, salari e pensioni tra i più bassi d’Europa, vaste sacche di lavoro nero e illegale dove non esistono più diritti e tutele.
La stessa pandemia è stata utilizzata per dividerci, occultando nella nebbia dell’emergenza le responsabilità passate sul disastro del sistema sanitario, privatizzato, impoverito e differenziato. 
Il governo “dei migliori” si muove in continuità con i governi precedenti.
Il progetto di Draghi e dei partiti che lo sostengono è chiaramente quello di completare la modernizzazione neoliberista del sistema economico e sociale in funzione della competitività delle   imprese affermando il comando assoluto sul lavoro e subordinando a ciò attraverso controriforme  proclamate e striscianti  quello che di pubblico è rimasto, dalla giustizia, alla scuola, alla pubblica amministrazione, ai beni comuni.
Il sistema istituzionale nel suo insieme è chiuso alle istanze sociali, il Parlamento è dominato dal bipolarismo tra forze che condividono una comune ispirazione neoliberista, divise al loro interno sui dettagli ma unite da un comune orizzonte;
Che fare?
In primo luogo è necessario la ripresa di una grande stagione di lotte di opposizione  su una piattaforma che unifichi ciò che il neoliberismo ha diviso; che parli a tutte le figure sociali, uomini e donne, stabili e precari, pubblici e privati, giovani e meno giovani, nativi e migranti; che coinvolga  le/gli studenti che vogliono un’altra scuola e un altro lavoro, le donne portatrici di uno sguardo di genere, chi lotta per la difesa del pianeta, contro le privatizzazioni di acqua e beni pubblici, per la difesa  della Costituzione, dell’unità del Paese e l’uguaglianza dei diritti per tutte e tutti.
In secondo luogo occorre dare  continuità alle lotte e costruire un vero e proprio blocco sociale dell’alternativa; questo passa per la costruzione di   organismi che  oltre alla indizione di momenti di lotta siano in grado di sedimentare relazioni sociali dense, comunitarie, di produrre una mobilitazione che vada oltre la lotta specifica; luoghi che rompendo la solitudine sociale siano contemporaneamente forme democratiche di  controllo e partecipazione dal basso e strutture  di una soggettività alternativa che pensano la soluzione dei problemi non nella guerra tra i poveri ma nella direzione dell’eguaglianza, della giustizia sociale e della libertà. In questa prospettiva un impegno particolare merita  la ricostruzione di un sindacalismo conflittuale, democratico, di classe.
Infine è diventata indispensabile una proposta politica che si collochi sul terreno dell’opposizione al modello imperante e si ponga come riferimento politico credibile per quante e quanti si battono contro la barbarie di una concezione del mondo che antepone il profitto a tutto;   una soggettività che si ponga in continuità con le lotte, che cresca con noi sul sentiero dell’opposizione e della costruzione dell’alternativa, che già dalle prossime scadenze elettorali sappia affermarsi come voce delle istanze sociali e dei diritti negati, alternativa ai poli esistenti, nelle istituzioni nazionali e locali.     
Invitiamo quanti nel paese condividono con noi la necessità dell’alternativa a:
1. Indire assemblee in tutti i territori per discutere queste proposte coinvolgendo lavoratrici e lavoratori di tutti i settori e condizioni e i movimenti presenti sul territorio.
2. Organizzare la partecipazione alle manifestazioni come quelle indetta dal collettivo della GKN per il 26 marzo a Firenze che può rappresentare un momento importante di allargamento del fronte dei  soggetti e dei movimenti impegnati nella costruzione dell’opposizione con l’orizzonte dell’alternativa.

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